Il Salone delle Feste (Finite)

ottobre 7, 2014 | By Mistro
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foto di Domenico Boffi

Code alle biglietterie al Salone di Genova 2014

Di Beppe Zavanone – Nel 1994 andai al Salone di Genova con l’intenzione di comprarmi un cabinato a vela. Avevo 32 anni e forse ne dimostravo ancora di meno; fatto sta che non mi si filava nessuno.

Gli armatori del tempo erano tutti over 50, si presentavano con borse piene di cataloghi e pieghevoli (che chiamavano dépliant accentando la e), avevano mogli al seguito e visitavano tutte le barche posizionandosi prontamente lui sopra e lei sotto (coperta, non pensate male).
Le barche fino ai 45 piedi erano nei capannoni (che ai saloni chiamano padiglioni) si salivano le scale moquettate solo dopo aver fissato un appuntamento al banco di ricevimento che stava sotto. Le ammiraglie invece erano in acqua ma ai tempi si visitavano tutte le barche e le liste d’attesa per gli Swan, Hallberg Rassy ed i Baltic erano spesso oggetto di selezione stile Hollywood di Milano. Arrivavi al mattino e ti fissavano con disprezzo da capo a piedi, prenotandoti forse per il tardo pomeriggio.

Eccolo qui un altro bricoleur che viene a vedere la sala macchina e l’officina del Swan 70

Nei fine settimana era impossibile tutto, il Salone era visitato da eserciti di famiglie che non avrebbero comprato mai una barca (fose dieci anni più tardi) ma uscivano con le borse piene di gadget, adesivi, capi di abbigliamento. Spesso erano così a digiuno che si stupivano di come gli alberi fossero così bassi (nei capannoni) e qualcuno preso da un bisogno impellente arrivava ad utilizzare i bagni delle barche indoor. Le cabine armatoriali venivano richieste per cambiare il pannolino ai pupi.

Chiaramente i motoscafi la facevano da padroni, ed anche noi velisti un giro da quelle parti lo facevamo anche solo per ammirare le hostess che nello stand della vela, ovviamente, mancavano.

Era un fenomeno di costume, ci si andava con gruppi di amici, anche per noi di IHN (it.hobby.nautica) era occasione di incontro tra appassionati provenienti da tutta Italia.

Come dicevo, a me non facevano vedere le barche molto volentieri, mi chiedevano dov’era mio padre e per vedere bene il mio primo First dovetti andarmene a Parigi, dove il Salone Nautico di Dicembre era qualcosa di galattico.

E così Febbraio del 1995 ordinai la mia prima barca, un First 300 Spirit blu, e divenni armatore a tutti gli effetti.

Negli anni a seguire cambiai spesso barca, era un mercato dinamico dove si comprava vendeva permutava con facilità, ma al salone di Genova avevo difficoltà a farmi riconoscere come potenziale acquirente. Le barche così come i posti barca erano ricercatissime. Per capirci nel 2001 vendetti un First 38S5 e trovandomi senza barca dovetti comprarmi un piccolo usato perché a Febbraio non c’era una sola barca in consegna per l’estate.

Nel Settembre 2001, dopo averla già vista e visitata al salone di Cannes, andai al salone di Genova per comprare la mia barca attuale, uno Jeanneau Sun Fast. Al desk dello Stand Jeanneau mi dissero subito che nessun Sun Fast era esposto e che loro importatori la vendevano solo su ordinazione sconsigliandomela perché agli italiani interessavano solo i Sun Odyssey.

Ricordo come fosse ora la ragazza nera che dopo avermi detto queste cose mi ficcò in mano una brochure di tutta la produzione Jeanneau e… con lo sguardo mi fece capire… “vai va…andersen”.

Il mese dopo andai a Parigi, la barca era esposta, visitatissima e puntualmente la comprai.

La cosa per cui ho ricordato tutti questi episodi è che oggi che sono ultra cinquantenne ai saloni ci sono più venditori che clienti. “Prego si accomodi” la barba bianca e le rughe sono un biglietto da visita che li convince. Non che per questo abbiano imparato il loro mestiere, cordializzazione, analisi delle esigenze del cliente, conoscenza del prodotto… niente, un buio totale, tutto si risolve col chiederti di dove sei (per non pestarsi i piedi con le zone) e se hai un usato: non per capire che velista sei ma per assicurarti che non ci sia una permuta, perché sono spesso dei passacarte, i primi a non investire nel loro lavoro: i tuoi soldi (o quelli della banca che ti finanzia) vanno direttamente al cantiere (che magari usa i soldi delle banche perché è in amministrazione controllata). Ormai una lotta tra debitori, come nel mondo dell’auto.

La conclusione è che la Nautica di quell’era è sicuramente morta. Non ci sono più i clienti, non ci sono più i concessionari (spesso neppure più i cantieri) e da quel che ho visto, a forza di tagliare ed economizzare non ci sono neppure più le barche. E probabilmente non ci sarà nemmeno più il salone.

Amen

Comments: 7

  1. Ale ha detto:

    E’ sempre un piacere leggere le attente analisi del buon caro vecchio Beppe Z.

  2. Francesco ha detto:

    Tanto per tirarsi un po’ su, io sono stato al Salone solo una volta, credo nel lontano ’74 o ’75 per vedere i 470. Bé, ce ne volle per farmi dormire la notte dopo quella volta, difficile dimenticarsi le hostess.

  3. luca ha detto:

    splendido articolo

  4. Beppe Zavanone ha detto:

    Grazie , troppo buoni.

  5. matteo r ha detto:

    Bello davvero. Anche un po’ triste, accidenti, però senza mai perdere la voglia, la passione e il sorriso. 😉

  6. lorella ha detto:

    Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci. (Jim Morrison).
    Una bella riflessione….intelligente. ..pungente…..sarcastica …ti ritrovo….come 35 anni fa….con i nostri vespini….graffiante nel tu esprimerti e generoso nel tuo vivere

  7. Sasuke ha detto:

    Sempre piacevole (anche se l’argomento è decisamente triste) leggere il vecchio Beppe. Saluti da TonyRandine.. nella botte 🙂

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