L’evoluzione della falchetta nelle barche a vela
Nel vasto panorama dell’evoluzione nautica uno degli elementi strutturali che raccontano la storia del cambiamento tecnico e estetico è la falchetta. Questo componente, spesso trascurato dai non addetti ai lavori, ha subito nei secoli una trasformazione significativa, adattandosi alle esigenze di sicurezza, funzionalità e prestazione delle barche a vela.

Cos’è la falchetta?
La falchetta (in inglese wale, gunwale, coaming, toerail) è il bordo superiore del fianco di una barca, ovvero il punto in cui il ponte incontra la murata. Nelle antiche barche in legno era fissata al trincarino (la prima tavola del fasciame di coperta. Famoso il detto “il trincarino non deve bere” per rappresentare qual era il massimo sbandamento che doveva raggiungere una barca a vela). Può assumere diverse forme e materiali, e storicamente ha avuto il compito di proteggere l’equipaggio e le attrezzature dalla caduta in mare, ma anche di rinforzare strutturalmente lo scafo.
Le origini: sicurezza e robustezza
Nei velieri d’epoca, la falchetta era una robusta struttura in legno, spesso alta e massiccia. Serviva a:
- impedire all’acqua di invadere il ponte durante le burrasche;
- fornire un ancoraggio per il sartiame laterale;
- proteggere gli uomini e il carico.
Era quindi una parte fondamentale per la sicurezza, ma anche per la solidità strutturale dello scafo.
L’evoluzione nel dopoguerra: funzionalità e materiali
Con l’avvento della vetroresina nel secondo dopoguerra, le barche a vela cominciarono a cambiare radicalmente forma. Le falchette si abbassarono, divennero integrate nello stampo dello scafo e assunsero una funzione più discreta, ma non meno importante:
- offrivano un supporto per le manovre di coperta;
- fungevano da canale per le acque piovane e gli spruzzi;
- diventavano talvolta sede per i passavanti.
Negli anni ’70 e ’80 erano in alluminio forato, ottime per fissare dei bozzelli volanti o altre manovre. Fastidiosissime per le cosce dell’equipaggio destinato a fare peso sopravento in bolina. Dagli anni ’90 in poi la moda è stata quella di farle in legno, ottime come puntapiedi a barca sbandata ma inutili per tutto il resto e fastidiose per la necessità di manutenzione periodica. La moda attuale è quella di farle larghe e in vetroresina integrate allo scafo. Primo tra tutti a lanciare questa moda è stato forse il cantiere francese Jeanneau.
Regata e prestazioni: minimalismo e aerodinamica
Con la diffusione della vela sportiva e delle regate oceaniche, la falchetta è stata ripensata in funzione della performance. Le barche moderne da regata presentano:
- falchette ridotte al minimo, spesso appena accennate;
- scafi a spigolo con superfici continue per ridurre la resistenza aerodinamica;
- bordi inclinati verso l’interno (chines) per facilitare l’uscita dell’acqua e migliorare la stabilità.
Un esempio emblematico è rappresentato dalle barche del Vendée Globe o delle classi IMOCA: qui la falchetta scompare quasi del tutto, lasciando spazio a cockpit profondi e sistemi di lifeline per la sicurezza dell’equipaggio.
Il ritorno della falchetta nei cruiser moderni
Curiosamente, nel mondo della crociera moderna, assistiamo a un ritorno della falchetta, spesso con forme più ergonomiche e integrate:
- migliora il comfort in navigazione;
- aumenta la sicurezza per famiglie e bambini;
- permette una gestione più ordinata delle manovre.
Su alcuni modelli, la falchetta diventa addirittura elemento estetico, con inserti in legno o acciaio inox.
Conclusione
L’evoluzione della falchetta racconta una storia di adattamento continuo: da solida barriera protettiva a elemento integrato nelle logiche della performance e del comfort. Oggi più che mai, rappresenta l’equilibrio tra passato e futuro, tra estetica, sicurezza e funzione. Un piccolo dettaglio che riflette le grandi trasformazioni della vela.
La falchetta sul dizionario Treccani