Diario di un naturalista giramondo – Charles Darwin
Diario di un naturalista giramondo non è strettamente un libro di vela ma la vela c’entra tantissimo. Pubblicato nel 1839, è un libro scritto da Charles Darwin e parla della seconda spedizione della nave HMS Beagle, che salpò da Plymouth, il 27 dicembre 1831 sotto il comando del capitano Robert Fitzroy.
Iniziata il 27 dicembre 1831, la durata prevista della spedizione era di due anni, ma ne durò quasi cinque: l’HMS Beagle salpò sotto il comando del capitano Robert Fitzroy, e ritornò a Plymouth il 2 ottobre 1836. Darwin trascorse la maggior parte del suo tempo a esplorare il terreno: tre anni e tre mesi a terra, 18 mesi in mare. Il libro, noto anche come “Darwin’s Journal of Researches”, è un vivido ricordo di un emozionante viaggio, nonché una dettagliata ricerca scientifica nei diversi campi della biologia, della geologia, e dell’antropologia. Era la dimostrazione che Darwin era dotato un notevole spirito di osservazione, scritto in un momento in cui gli europei occidentali avevano dato inizio ad una massiccia esplorazione del pianeta. (wikipedia)
I capitoli del libro sono ordinati per luoghi e località, invece che per ordine cronologico. Le osservazioni trascritte da Darwin in questo libro sarebbero state usate per sviluppare, in seguito, la sua teoria sulla selezione naturale e sull’evoluzione delle specie.
Charles Darwin era uno scienziato che osservava le cose del Mondo per sviluppare le sue teorie ma nel leggere il libro colpisce tantissimo la sua capacità di stupirsi di fronte alla bellezza dei luoghi. Giunto sulla cresta di un monte descrive così il panorama:
Quando giunti sulla cresta ci guardammo indietro, ci si presentò una bellissima vista. L’atmosfera splendidamente chiara; il cielo azzurro intenso; le valli profonde; i profili selvaggiamente spezzati; i mucchi di rovine ammassati durante il corso dei secoli; le roccie brillantemente colorite, contrastanti colle tranquille montagne di neve; tutto questo insieme produceva una scena che non si sarebbe potuta immaginare. Nè pianta, nè uccello, tranne alcuni pochi condori che roteavano intorno agli altissimi picchi, e distraevano la mia attenzione dalla massa inanimata. Era contento d’esser solo; mi pareva di stare ad osservare un temporale, o di udire in piena orchestra un coro del Messia.
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